Giuseppe Brescia, Presidente della Libera Università “G.B. Vico” di Andria, ci offre in questo suo ultimo lavoro un’interessante e piacevole carrellata di riflessioni e di ricordi personali in cui prende lo spunto da un riferimento del grande scrittore Italo Calvino ad Andria, che per lui è un luogo di fantasia, nel celebre “Le città invisibili”, in cui proprio Andria è l’unica storicamente riconoscibile (p.6).

I luoghi e le città della fantasia suggeriscono a Brescia un excursus nelle forme della “controutopia” o “distopia” del mondo contemporaneo, in cui si configurano gli scenari da incubo del futuro di Orwell e di Huxley (p. 13 sgg.).

Brescia prende l’avvio da una copiosa messe di riferimenti incrociati, alle simbologie dell’architettura del Castel del Monte di Andria, a Federico II imperatore, suo ideatore, agli affreschi di Palazzo Schifanoia a Ferrara con le loro allegorie dei mesi e dei mestieri in relazione al cielo stellato, alle opere di G. De Santillana, grande storico della scienza, e in particolare al libro “Fato antico e fato moderno”, e infine al significato dell’astronomia fino a tutta l’età premoderna.

Riferimenti tutti rigorosamente documentati, con ammirevole erudizione, nell’intento di rendere l’idea di una “senso del celeste” che non si spegne del tutto neppure nella nostra iperscientifica, ipertecnologica e ipercalcolatrice età contemporanea.

Il suggerimento di Brescia è sempre da tenere vivamente presente: se l’uomo contemporaneo non ritorna a guardare al cielo è perduto.

Sicché tutti i capitoli, anche quelli finali, più lontani dal titolo, sono pervasi costantemente dall’intento di rafforzare questa profonda e sentita convinzione.

Notevoli in proposito “Il senso del celeste per Z. Williams, Baudelaire e Saint-Exupéry” (pp. 73-74) e “David Bowie ‘uomo delle stelle’ nell’umanità a pezzi” (pp. 75-76).

Costanti sullo sfondo fungono da contrappunto i riferimenti alla cultura enciclopedica universale dei grandi del Rinascimento italiano, e in primis Pico della Mirandola, alla scoperta vichiana del senso dell’uomo e della storia, per finire con Proust e Joyce di cui Brescia è appassionato lettore.

“ Pregevoli – scrive Gianfranco Bosio – le fotografie e le illustrazioni che corredano il lavoro”.

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