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Funerali di Sandro, Vincenzo e Antonio. La città si ferma

Sindaco Bruno: "La rabbia cede il passo all'umanità"

Data :

8 agosto 2025

Funerali di Sandro, Vincenzo e Antonio. La città si ferma
Municipium

Descrizione

La città questa mattina si è fermata e si è stretta intorno alle famiglie di Sandro Abruzzese, Vincenzo Mantovani e Antonio Porro, i tre ciclisti travolti mortalmente da un’auto in corsa domenica 3 agosto sulla s.p. 231 nei pressi di Terlizzi.
Una folla commossa e straziata ha gremito la Cattedrale: autorità civili e militari, amici, familiari, parenti, Avis sezione di Andria e provinciale, Cicloavis e semplici cittadini, tutti per dare l’ultimo saluto ai tre volontari donatori di sangue e ciclisti per passione, che hanno fatto del dono e della cura per il prossimo il proprio obiettivo di vita.
Nella sua omelia, il Vicario Episcopale don Mimmo Basile ha ricordato come “dinanzi alla morte tragica e prematura di Sandro, Vincenzo e Antonio, percepiamo con forza il non senso della morte, la forza brutale del limite supremo ed estremo che ci allontana dal volto e dalla presenza dei nostri cari. Nella preghiera non possiamo tacere il dolore, ponendo tutto davanti a Dio, anche e soprattutto i nostri dubbi, gli interrogativi senza risposta, i timori. L’ultima parola, per Dio, non può essere la morte. L’ultima parola, per Dio, è l’amore, perché è l’amore che dà la vita, che vince la morte. Il Vangelo domenica ci ha ricordato che ciò che conta non è accumulare tesori per sé ma arricchirsi presso Dio. Sandro, Vincenzo e Antonio ci dicono che in questa nostra amata città ci sono ancora tante persone che nel silenzio sanno donarsi agli altri e si impegnano per il bene comune”.

Il Sindaco Giovanna Bruno, che ha accompagnato i feretri nel loro ingresso in Chiesa, al termine della celebrazione ha consegnato ai presenti il suo personale discorso di commiato.
«Carissimi tutti,
il momento del commiato è sempre intriso di tristezza, di sospensione emotiva.
Mai come in questa circostanza, sembrerebbe che il filo conduttore di questa assurda vicenda sia la rabbia. Proviamo tanta rabbia, ciascuno in maniera differente; ma è pur sempre rabbia.

Eppure, in questi giorni trascorsi dopo quel terribile 3 agosto, la rabbia sì è rimasta e ci accompagnerà nel tempo; ma è stata soppiantata da sentimenti nuovi, quasi inaspettati.
Dai racconti, dalle storie e dalle descrizioni di chi Antonio, Sandro e Vincenzo li ha vissuti, emerge, potente, il vero fil rouge di questo nostro essere qui oggi: l’umanità.
I nostri tre concittadini l’hanno incarnata, cercata. L’umanità. Quella che troppo spesso smarriamo sulle strade dell’indifferenza e della superficialità, dei rancori e dei giudizi.

Ebbene, loro l’umanità l’hanno dispensata. Cioè quell’essere persone e parti di un insieme: la famiglia, l’associazione Avis, la loro Città.
Ho pensato in queste ore alla ricchezza di persone come loro per una Comunità: li ho definiti ‘la parte bella’, quella che non fa rumore ma opera quotidianamente; quella che entra nelle pieghe dei bisogni umani senza farsi notare; quella che fa del servizio una missione, dello sport una sana passione.

Ho pensato a parole per descrivere questi nostri cari e tante si incrociano, si sovrappongono, perché li assimilano in una osmosi senza confini.

La cura: Antonio, uomo di cura, di premure. Per gli altri e per sé. Uomo di attenzioni e delicatezze, di scelte convinte e azioni determinate, molto rivolto agli altri. Indistintamente. Spalla, riferimento. Sicurezza.

La semplicità: Sandro, mite e generoso, silenzioso e prezioso, profondo e sincero. “Non siamo proprietari delle nostre vite, ma ne siamo i custodi”: avrebbe detto così ad un amico, nella conversazione serale poche ore prima della tragedia. Aveva ragione. Ha ragione. Siamo custodi del bene supremo della vita e come tali impegnati a qualificarla, ad arricchirla non di cose, ma di contenuti.

La compagnia: Vincenzo, uomo di spirito, gioviale e sereno, forte e ottimista. Socievole, pieno di passioni, pronto a fare un passo indietro per agevolare le dinamiche di gruppo, innamorato della sua famiglia, della sua serenità domestica, per lui ricchezza.

Ecco: cura, semplicità, compagnia. Parole interscambiabili, che accomunano Antonio, Sandro e Vincenzo e ci portano a dire: Grazie! Siete stati preziosi. Siete preziosi. È prezioso per noi tutti il vostro esempio di dedizione, di fedeltà. È prezioso il bagaglio di amore che torna a noi in queste ore in cui ci sentiamo smarriti, confusi. In cui la rabbia vorremmo fosse abitata da tenerezza. Quella di avervi incontrati, conosciuti per poco o tanto, visto e rivisto indossare quella maglia oggi posata sulle vostre spoglie, la maglia dell’Avis che è stata per voi non una associazione ma un programma e una scelta di vita.

Grazie a voi, famigliari tutti. La disperazione e l’incredulità non hanno tolto lo spazio alla vostra grande dignità in questo immane dolore, che è diventato un po’ dolore collettivo. Di questa Città, di quelle oggi qui rappresentate, dello Stato attraverso la Prefettura, delle Forze dell’Ordine, delle rappresentanze di tante associazioni di volontariato e protezione civile, di tanti amici, conoscenti e non. Insomma, di tutti coloro con cui ogni giorno, per diverse ragioni e in varie circostanze, Antonio, Sandro e Vincenzo si sono relazionati.

Che cosa ci rimane, dopo la rabbia e il pianto? Cosa, di fronte alla morte che mette un punto alla vita, ma solo a quella terrena?

Ecco, ci rimane l’umanità.

Quella che Antonio, Sandro e Vincenzo ci consegnano, quasi fosse un passaggio di testimone: quella che non può essere spazzata via o sbalzata in aria da nessun’auto, su alcuna strada mai. Quella che viaggia su biciclette il cui manubrio è la speranza, le cui ruote sono affetto, le cui pedalate sono cammino, senza soluzione di continuità.

A noi resta l’umanità. Quella stessa che Sandro, Vincenzo e Antonio hanno rappresentato nel loro breve o medio o più o meno lungo viaggio terreno, testimoni di bellezza e positività. In un silenzio operoso che non può essere macchiato dalla rabbia.

L’umanità che unisce, che fortifica. Che vuole consolare, nel tempo, chi piange e geme. Perché nulla di quanto accaduto ha un senso nelle loro e nelle nostre menti. E al dolore, chiediamo di far spazio, in punta di piedi, alla nostra umana e sincera vicinanza».


Ultimo aggiornamento: 8 agosto 2025, 13:45

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